Lontano dall’ansia e dalla psicoanalisi

Libri

Intervista ad Armando De Vincentiis

A cura di Luca Menichelli

Qualcuno ha mai sentito parlare di psicoanalisi? Sicuramente sì. Tutti ne parlano, ma se si va a vedere in profondità realmente in pochi sanno cosa essa sia e non di rado viene eletta a unico metodo di psicoterapia, come se psicologia e psicoanalisi fossero la stessa cosa.
Termini come complesso edipico, trauma, tranfert, subconscio sono ormai entrati a far parte del parlato comune e Freud viene spesso citato, a sproposito oserei dire, in ogni contesto anche dove non dovrebbe trovare collocazione in quanto estraneo a qualsiasi discorso inerente l’argomento legato alla psicoanalisi.
Prima di entrare nel vivo della questione vorrei raccontare una storia che non è semplicemente verosimile, ma realmente accaduta.
È la storia di un padre che viene convocato dalla psicologa di una scuola primaria per analizzare un disegno di sua figlia di sette anni.
La psicologa mostra al padre della bimba un foglio in cui è disegnata una tigre dietro le sbarre  e un fumetto che cita “ non ho mai ucciso né rubato, perché sono in galera? ”.
Il padre guardando il disegno sorrise orgoglioso , ma non capiva ancora il motivo della convocazione.
“ Vede signore, sua figlia ha qualche problema con lei. Si sente oppressa dalla sua figura come fosse in gabbia e ha manifestato in questo disegno la sua voglia di libertà. La bambina vuole piacerle e si attribuisce ogni colpa come evidenziato dalla frase in cui traspare una certa incertezza . Dovrebbe sforzarsi di più di capire sua figlia”
Il padre fu combattuto tra il mettersi a ridere spiegando la realtà dei fatti alla psicologa oppure lasciar perdere il tutto.
Si limitò a ringraziare la giovane professionista tenendo per se la sua verità.
Il disegno era stato realizzato a quattro mani dalla bimba proprio con il padre come progetto di protesta contro gli Zoo . La tigre in gabbia era una vera tigre e non una metafora e il disegno è stato inviato alla redazione di Piccole Impronte , rivista della LAV ( Lega Anti Vivisezione ) associazione a cui la piccola era abbonata.
Quindi cosa è successo?
Ho raccontato la vicenda ad Armando De Vincentiis, psicoterapeuta e coordinatore del Gruppo CICAP  Puglia  in occasione del convegno di Torino del Comitato e lui ha confermato la mia teoria: la psicologa ha messo in pratica i dogmi dettati dalla psicoanalisi classica di stampo freudiano attribuendo tutta la faccenda al famoso e strasfruttato complesso di Edipo.
Sull’argomento psicoanalisi Armando De Vincentiis ha incentrato il suo ultimo lavoro “ Lontano dall’ansia e dalla psicoanalisi? Perizia sulla validità dei processi psicoanalitici” edito da Libellula Edizioni.
Parliamone insieme all’autore.

Ciao Armando innanzitutto grazie per aver accettato la nostra intervista.
Nel tuo Ultimo Libro affronti il tema della Psicoanalisi, una pratica molto in voga e che erroneamente spesso viene considerata come massima espressione dell’approccio psicoterapeutico. Tanto per iniziare e rompere il ghiaccio, perché hai deciso di affrontare questa avventura critica nei confronti della creatura freudiana?

Ho cominciato questa sorta di avventura perché spinto da due esigenze. La prima è quella che mi spinge

Copertina -Lontano dall'ansia e dalla psicoanalisi -
Copertina -Lontano dall’ansia e dalla psicoanalisi –

ad aderire al cicap, ossia l’onnipresente idea di dividere ciò che appartiene alla scienza da ciò che sembra appartenere ad essa ma che, sotto certi aspetti, ne è del tutto lontano. Si tratti quindi della necessità di fare una buona informazione affinché chi ne usufruisce è ben consapevole dei limiti e dei pregi che può trovare di fronte. La seconda esigenza nasce dalla necessità’ di informare l’utenza sullo stato dell’arte della ricerca empirica in campo psicoterapico, non certo per puro scopo intellettuale, ma per dare la possibilità di una scelta informata. Troppi sono i miti legati alla cura psichica, sono proprio tali miti che non consentono una ricerca informata dell’approccio psicoterapico adeguato per la soluzione del proprio problema. Alcuni esempi di tali miti sono legati all’idea che le cure psicoterapiche  siano tutte uguali, che il vero fatture curativo sia dato dalla relazione e non dalla tecnica ecc. Se è vero che una buona relazione può essere un coadiuvante per la cura (chi accetterebbe prescrizioni da chi non si fida) essa però non è elemento sufficiente per la soluzione di un problema psicologico grave. Ma sono proprio questi miti che impediscono una scelta mirata nell’approcciarsi alle terapie. E la ricerca evidenzia che per problemi specifici vi sono interventi specifici che vanno oltre la relazione e/o il rapporto terapeutico. E quando si parla di disturbi invalidanti legati all’ansia questi miti non sono certo di aiuto. Oggi la cura psicoanalitica, pur ancora immersa in uno status epistemologico che non le consente di essere considerata una scienza, si sforza di evolversi e di adeguarsi alle recenti scoperte della neurobiologia. Tuttavia alcune sue fazioni più ortodosse trovano difficoltà ad abbandonare del tutto le teorizzazione del padre fondatore che, un tempo, erano le uniche possibili in grado spiegare certi processi comportamentali. Oggi , tali teorizzazioni rimangono senza dubbio affascinanti ma dovrebbero cedere il posto a formulazioni più evolute e scientificamente più consolidate. Alcune di queste formulazioni possono anche continuare a risolvere taluni problemi ma, spesso, entrano nel merito di questioni che, oggi, non potrebbero più affrontare.

Nel libro analizzi la psicoanalisi rispondendo a cinque domande fondamentali. Hai fatto uso della tua esperienza come psicoterapeuta oppure ti sei affidato a studi e pubblicazioni varie?

Entrambe! L’esperienza personale, se non vuol far prendere cantonate, deve sempre essere supportata dai dati di letteratura, altrimenti si rischia di uscire dalla dimensione scientifica per entrare, come dice il professor Della Sala nella sua postfazione, in quella delle opinioni personali. Ma le opinioni personali non possono essere generalizzate senza confrontarle. Non sarebbe un lavoro scientifico e non si fornirebbe un aiuto concreto ai pazienti. Là dove alcune osservazioni non erano supportate dai dati di letteratura, ho sentito l’esigenza di confrontarle con quelle di altri colleghi, proprio come avviene nella ricerca clinica (preludio di quella empirica) evidenziandone ovviamente i limiti.

Nella prima sezione cerchi di definire se la psicoanalisi ha un fondamento scientifico, a quali conclusioni sei giunto?
La trattazione che effettuo è molto esplicativa, le conclusioni si traggono strada facendo e prima che io possa rispondere alle domande di questo libro-perizia il lettore si sarà già fatto l’idea dello stato dell’arte. Qui appare necessario evidenziare che alcuni processi, por non essendo scientifici, potrebbero essere comunque in grado di fornire un certo aiuto, ma bisogna stare attenti al tipo di aiuto e per cosa. Se un’interpretazione psicoanalitica non può essere sottoposta alla prova dei fatti e, quindi, non avere alcunché di scientifico, può comunque essere utile. Ma con la consapevolezza di tutti i limiti del suo utilizzo e, cosa ancora più importante, con la consapevolezza della sua inutilità per alcuni sintomi.  Molte sono state le “battaglie” epistemologiche sullo statuto scientifico della psicoanalisi, ma esse dove ci hanno portato sotto l’aspetto operativo? Ossia le affermazioni di Popper , di Grunbaum che aiuto concreto hanno dato ai suoi usufruitori ? Ossia i pazienti? Nessuno, perché il suo utilizzo non è cambiato affatto. Popper ne evidenziava la sua non scientificità, Grunbaum la salvava per un pelo, pur definendola scientificamente malata.   E mentre le battaglie continuavano, essa ha continuato senza ostacoli a porsi come cura e spiegazione per ogni forma di psicopatologia. Interi trattati di psicopatologia si basano su concezioni psicoanalitiche ortodosse e non in barba alle definizioni dei due epistemologi. Si sono sempre seguite due linee parallele: le disquisizioni epistemologiche da un lato ed il suo utilizzo clinico dall’altro, senza mai incontrarsi. E i pazienti? Ecco, questo testo vuole prendere in considerazione i pazienti potenziali, chi è portatore di una qualche sofferenza psichica e , proprio al loro cospetto, mettere le definizioni psicoanalitiche alla prova dei fatti, sia con letteratura che con esperienza clinica. Mi piace pensare a questo libro come una sorta di collante in grado di riempire una carenza, quella in cui non si dice al paziente come stanno le cose da un punto di vista prettamente pratico. Ossia funziona? E  per cosa? Non funziona e per cosa? E, innanzitutto, perché?

Sigmund Freud, il padre della psicoanalisi
Sigmund Freud, il padre della psicoanalisi

Ma secondo te l’approccio psicoanalitico può trovare un’applicazione concreta nella terapia psichica?
Come ho tentato di dimostrare , la psicoanalisi, suddivisa nei suoi diversi orientamenti (sarebbe incompleto  parlare di psicoanalisi in senso generale  poiché in essa vi sono teorizzazioni addirittura contrastanti) può avere applicazioni in taluni problemi, e non avere alcuna applicazione per altri. Può essere efficace per certe patologie e essere di aiuto per altre, senza però essere di particolare elezione. E queste osservazioni non vengono fatte certo a colpi di sillogismi filosofici o astrazioni dialettiche, bensì con dati alla mano, confrontando studi e ricerche,   approfondendo la malattia che intende curare e osservando se quest’ultima ha una struttura in grado di essere smontata dalla psicoanalisi oppure no.

Può in alcuni casi la psicoanalisi essere dannosa?
Come ho ribadito è incompleto parlare della psicoanalisi in senso generale. Essa non è dannosa, ma possono essere dannose alcune sue tecniche se utilizzate in contesti e in tempi sbagliati. Vi sono alcune patologie della sfera ansiosa in cui la tecnica dell’interpretazione non dovrebbe essere utilizzata, perché potrebbe rendersi inconsapevolmente complice della malattia stessa incrementandone la sua espressione. Ci sono patologie in cui la ricostruzione del passato non da alcun aiuto concreto così come la ricerca di eventuali dinamiche inconsce, che possono alimentare un sintomo, rischia addirittura di costruire un problema dal nulla. La stessa tecnica può quindi fornire una soluzione se applicata ad una malattia ma può peggiorarla se applicata ad un’altra (proprio come i farmaci). Non si può più considerare, come molti fanno che , l’idea che,  in un modo o nell’altro, essa   non fa male. Parliamo di cura dei problemi psicologici quindi siamo all’interno di una sfera legata alla medicina e la medicina contempla sempre la possibilità di effetti collaterali e/o iatrogeni di una cura. Si offenderebbe un medico  se gli si dicesse che gli antiinfiammatori non steroidei sono controindicati in caso di ulcera? Bene, non deve farlo nemmeno uno psicoanalista serio se gli si dice che una delle tecniche analitiche possono essere iatrogene per certe patologie. Ogni cura può avere effetti negativi e la psicoanalisi, se vuole proporsi come cura, non si sottrae di certo a questi rischi. Uno psicoanalista preparato deve saper correggere il tiro. E questo deve valere per ogni modello terapeutico.

Nella tua esperienza professionale, hai mai fatto ricorso alla psicoanalisi per risolvere qualche problema di un utente?
Come ribadito essa è contornata da una serie di processi che, in certe occasioni, possono essere utili. Se un paziente è bloccato e non sa cosa dire in seduta, poiché ritiene di non avere argomenti o di aver concluso il suo discorso, si può certo ricorrere ad un metodo di derivazione psicoanalitica, ossia lo si invita a dire tutto ciò che gli passa per la testa senza censura (ecco si può far riferimento alle cosiddette associazioni libere) perché no? Se possono essere utili, in certe occasioni?

Alla luce di tutto ciò, dopo più di cento anni dall’inizio della sua applicazione , perché la psicoanalisi  continua a suscitare un certo fascino e soprattutto perché ha un seguito molto ampio ?

Proprio come cerco di evidenziare nel testo, essa in un modo o nell’altro si pone come soluzione di alcuni problemi, ossia copre alcuni vuoti della conoscenza. Ogni evento, ogni fatto di cronaca, trova un senso grazie alla psicoanalisi così come l’arte, la letteratura, il cinema sono nutriti dalle spiegazioni psicoanalitiche rendendola, in questo modo, immortale. Anche il cinema contribuisce ad alimentare certi miti e a rinforzare le credenze su questi. Se in un film c’è un assassino, gli autori e alla psicoanalisi che lasciano il compito di spiegarne la sua natura così come in un film in cui c’è qualche psicologo come protagonista a questi non gli fanno mancare termini come regressione, rimozione e anche complesso di Edipo.

Come pensi che verrà accolto il tuo libro tra i tuoi colleghi professionisti psichiatri e psicoterapeuti?
Io confido molto nell’intelligenza e preparazione dei miei colleghi e sono convinto che prenderanno il testo come un contributo alla conoscenza della questione non certo come uno dei tanti lavori critici che si impegnano a smontare la figura di Freud e dei suoi discepoli con la speranza di smontarne le sue teorizzazioni. E’ un lavoro che non mi interessa e che, di certo, non aiuta i pazienti.  Rispetto Freud e la psicoanalisi e nel libro cerco, come si suol dire, di dare a Cesare quel che è di Cesare, nei limiti delle possibilità che la psicoanalisi può avere.

Per finire quali sono i tuoi progetti letterari per il futuro?

Non mi discosterò molto dall’ambito clinico, però, come appartenente al cicap, lo  applicherò  a qualcosa di diverso, ossia al sovrannaturale. Ho appena concluso un altro lavoro che sarà pubblicato dal CICAP stesso, si tratta di  uno studio clinico sui fenomeni paranormali in cui, con la lente d’ingrandimento della psicologia cognitiva , dell’antropologia e della psicologia dei sistemi, cerco di dare una spiegazione naturale a tutti quei fenomeni considerati sovrannaturali (esperienze di pre-morte, rapimenti alieni, visioni di fantasmi, esorcismi ecc.) sarà una rassegna di casi clinici e o storie  accadute a persone e dispiegate e sezionate in chiave psicologica. Presto sarà disponibile anche un booktrailer del lavoro. Ma questa è un’altra storia.

Grazie Armando, alla prossima.

È possibile acquistare il libro online a questi link:

http://www.libreriauniversitaria.it/lontano-ansia-psicoanalisi-perizia-validita/libro/9788896818770

http://www.ibs.it/code/9788896818770/de-vincentiis-armando/lontano-dall-ansia-e-dalla.html

8 comments

  • Dovrebbe essere scontato, finanche banale, che i fatti vengono prima delle interpretazioni, ma non molti si attengono a questo elementare principio metodologico: Armando De Vincentiis lo fa.

  • Anni fa rimasi colpito dalla vicenda del piccolo Hans. Mi chiedevo perché Freud dovesse interpretare in maniera strana la paura derivata dall’aver assistito alla caduta del cavallo. Come dite quì non se ne può più di psicoqualcosa improvvisati perchè hanno letto Freud. Complimenti al Dott De Vincentis, libro interessante l’ho appena ordinato su libreriauniversitaria. Non vedo l’ora di leggerlo.

    P.S. Complimenti per il sito.

  • @ Menichelli:E proprio questa sera ho visto il programma ” De Vincentiis contro tutti”ahh noo?era “la vita in diretta”?Pero’ cosi non vale. Grande De VINCENTIIS.Brosio pubblicizza il suo libro, il prete pubblicizza il suo libro,e il libro di DE Vincentiis?Comunque,Prof.Armando una curiosita’me la deve togliere,una copia del suo libro l’ha fatta avere a Brosio?Ciao Menichelli,saluti Prof. Armando.

  • Quando sarò laureato ne riparliamo, vorrei darmi proprio alla psicoterapia e non ho mai visto di buon occhio Froid 😆

  • Letto e riletto. Complimenti per l’efficacia espositiva e la chiarezza dei contenuti. Certe cose andrebbero dette in televisione e non relegate alla sola letteratura.

  • excellent ideas. I don’t know why, though, they are taken as extraordinary. De Vincentiis’ opinions are normative within informed circles. I am not talking about the pop-psychology ones, of course. It is ‘par for the course’, even if, sadly, there seems to be a need for reminders.

  • l prezzo dell’analisi

    L’intervista ad Armando Verdiglione pubblicata giorni fa su Repubblica ha l’indubbio merito di riprendere alcune questioni che da sempre interessano il funzionamento della psicoanalisi e le azioni degli psicoanalisiti. Al di là della questione giudiziaria sulla quale è corretto non fare commenti, è utile alimentare un serio dibattito su un tema anch’esso importante ed emergente che va al di là del caso Verdiglione: perchè sempre più spesso accade che gli psicoanalisti siano messi sul tavolo degli imputati?
    Perchè sono sempre più soggetti all’accusa di tramutarsi in ‘guru’ in cerca di adepti da irregimentare? Non passa giorno che voce non si unisca al coro di attacchi alla disciplina di Freud e ai suoi attuali nipoti. Non tanto all’analisi tout court, quanto alla cattiva psicoanalisi, per molti due cose sovrapponibili. Oltre al j’accuse di M. Onfray ‘Crepuscolo di un ‘idolo’, ci sono i pamphlet dell’intellighenzia europea ed italiana: il feroce e sbilanciato ‘Libro nero della Psicoanalisi’, ‘Il caso Marilyn M. e altri disastri della psicoanalisi’, il godibile ‘Alice nel paese degli analisti’, per finire con l’ottimo ‘Al di là delle intenzioni’ di Luigi Zoja.
    Ma se ben guardiamo la blog sfera ( a tutti gli effetti il fronte delle voci più libere) la schiera dei detrattori e critici non è più solo formata da trinariciuti orgnicisti che negano tout court la validità dell’introspezione e non riconoscono lo statuto dell’inconscio, ma annovera tanti pazienti, o analizzanti, i quali possono solo accodarsi nelle innumerevoli discussioni sui forum per lagnare l’inefficacia del trattamento analitico, o denunciare errori pagati a caro prezzo. E non solo economico. Fino a quando, di fronte ad una critica sempre più vasta e sempre più articolata, si percorrerà la via del ‘non è vero nulla’, rimandando un serio dibattito, restando indifferenti a queste istanze? Perchè si deve attendere l’intervento della magistratura per toccare questi temi scomodi? Gli aspetti da esaminare non sono solo quelli relativi alla ‘efficacia’ dell’analisi, elemento di per sé già difficile da valutare (e oggetto di innumerevoli dibattiti scientifici), ma anche le possibili controindicazioni che possono derivare da un’analisi inefficace. Non tutti sanno preventivamente che un’analisi sbagliata può causare seri danni, e che in caso di un rapporto deleterio, non esistono istanze alle quali fare riferimento. Chi va su un lettino oggi, non ha precise garanzie di terzietà, di protezione da errori.
    Ecco il vulnus principale dell’instrumentum analitico. In campo medico, se un’operazione va male, il malato può rivolgersi all’azienda sanitaria, al tribunale dei diritti del malato, o altro ancora. Nel campo della psicoanalisi, se una cura si inceppa o deraglia, purtroppo, non esiste luogo nel quale portare le proprie rimostranze. L’unica speranza è che l’analista abbia a fondo scavato nelle sue zone opache, quelle che conducono a errori, e se ne assuma la responsabilità tenendo quel posto senza fuggire. Il miglior modo per difendere la psicoanalisi è dunque renderla trasparente esaltando in tal modo la sua eccellenza, che fortunatamente continua ad esistere nonostante gli errori. Un analista che sbaglia diagnosi, magari distratto da altre cose, o semplicemente con un lavoro su se stesso stagnante, espone il paziente a rischi talora altissimi. Il ‘controtransfert’ è quella risposta relazionale ed emotiva dell’analista verso il paziente, utile nel processo analitico fino a quando non diventa una pioggia di detriti che provengono dall’analista, il quale senza controlli, può scaricarli sul malcapitato paziente. Il paziente che, come insegna l’analista francese J.A Miller, è sempre ‘innocente’ quando entra nello studio con lettino. Chi non ricorda l’analista Moretti de ‘La stanza del figlio’, irritato perché il paziente Orlando con un ritardo ha fatto sì che lui non fosse vicino al figlio nel momento della disgrazia? Ecco, quella scarica di rabbia che gli riversa addosso in seduta, è un controtransfert incontrollato. Lacan tratta la questione del controtransfert : (..)Come è scritto da qualche parte, se si trascurasse quell’angolo dell’inconscio dell’analista, ne risulterebbero delle vere e proprie zone cieche, da cui conseguirebbero evetualmente nella pratica fatti più o meno gravi e incresciosi: misconoscimento, intervento mancato o inopportuno, o persino errore’. Cosa garantisce al paziente ch , accortosi di questo, l’analista immediatamente lasci quel posto e non arrechi danni? Nessuno. Quello che, specie oggi, è necessario ribadire, è cha la psicoanalsi è essenzialmente e primariamente il luogo della rettifica della propria esistenza, delle’ minchiate del vissuto’ e della ‘storia personale del soggetto’. Qualsiasi altra cosa entri nella stanza del lettino, rapporti di lavoro, scambi teorici, presenza mediatica, falsa il percorso e lo fa deragliare su binari del maestro-discepolo, via che conduce direttamente ad una condizione diadica fasulla che può avere effetti collaterali devastanti per l’analizzante. Il movimento psicoanalitico garantisce terzietà? Per esserlo, è necessario che chi apre le porte alla gentilezza sia, in questo caso, gentile, parafrasando al contrario la lezione di Brecht. E’ fondamentale che lo psicoanalista sia, al netto della conduzione della cura, inserito in una rete, più ampia, che possa osservare ed eventualmente correggere eventuali errori. Sia insomma ‘giudicabile’. Come evitare, come riporta Paracchini in un articolo del Corsera, che: ‘un ego fuori ordinanza, un eloquio coinvolgente che fa breccia nel pubblico femminile’ non siano nocivi per i pazienti, oppure non portino a creare ‘adepti che sembrano una setta’?. Il neo presidente della IPA Stefano Bolognini dà una indicazione preziosa, ma purtroppo inascoltata, asserendo che la sovraesposizione mediatica dello psicoanalista danneggia il paziente. Si dirà: questo problema vale per tutte le discipline del mondo psy. Vero, parzialmente. Non va dimenticato che l’analisi è un luogo particolare, una sorta di ‘no mans land’ nella città, uno spazio vuoto, una zona franca addobbata con gli affreschi della propria esistenza, che noi diamo in custodia all’analista. Si può paragonare il setting analitico ad un’officina nella quale, grazie ad un buon avvitatore, tutte le viti della macchina vengono allentate. Svitate quel tanto che basta perchè il guscio mostri la sua mobilità, e si possa giungere all’anima del motore. Una destrutturazione guidata. E’ la terra di un uomo che piange e rimemora il passato, un uomo che sogna e in quel luogo sa di poter proiettare le diapositive più intime perchè garantito dalla sicurezza. Ecco perchè gli errori possono avere effetti cosi’ gravi. Quando le viti sono allentate, i colpi accidentali vanno più in profondità, si riverberano sull’intera struttura. Le scuole psicoanalitiche hanno sviluppato gli anticorpi per saper contenere e correggere questi svarioni? Il mondo scentifico chiede alla psicoanalisi alcune cose che la disciplina di Freud e Lacan non può dare : verificabilità, standardizzazione dei dati,
    questo perchè la psicoanalisi è essenzialmente ‘uno per uno’. Ma garanzie verso il paziente quelle si. Oggi quelle devono essere fornite. “L’analista, dico, da qualche parte, deve pagare qualcosa per reggere la sua funzione. Paga in parola, paga con la sua persona. Infine bisogna che paghi con un giudizio sulla sua azione’ E’ il minimo che si possa esigere” . E’ rispettata questa massima di Lacan? La via indicata da questa massima mette al riparo da derive giudiziare, e garantisce un percoso più salutare per il paziente.
    >
    Dr. Maurizio Montanari

  • Diciamo che le interpretazioni degli psicanalisti nascono dai loro problemi. Tipico caso i pazienti introversi che sono una minaccia per la loro paranoia persecutoria.

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