Il colore che fa perdere la ragione

Complotti

I fan della cromoterapia sostengono che certi colori possano influenzare lo stato emotivo e persino la salute di chi li osserva. La cromoterapia non ha alcun fondamento e non funziona, ma pare ci sia un colore che fa perdere la ragione a diverse persone: il colore della pelle del ministro Cécile Kyenge.
A giugno 2013 su Facebook circola una foto ( http://www.giornalettismo.com/archives/984679/mario-bocchio-il-pidiellino-che-spaccia-bufale-contro-gli-immigrati/ ) con alcuni uomini di colore uno dei quali regge una croce di legno su cui è stato crocifisso un gatto, accompagnata dal commento: “In Italia gli stranieri non solo ci mangiano per traverso, ma crocifiggono anche i nostri animali. Cos’ha da dire la ministra Kyenge?” La foto rappresenterebbe un momento di una manifestazione anticristiana fatta da immigrati a Ragusa. Non si capisce perché la ministra dovrebbe rispondere di un atto, certamente poco edificante, commesso da altre persone. Solo perché è di colore come loro? In ogni caso la foto non ritrae immigrati italiani in Africa. Non viene da Ragusa, ma dal Ghana. Dalla provincia di Ragusa erano in effetti arrivate notizie di gatti che sarebbero stati “crocifissi” verso la fine del 2012, ma in nessuno dei due casi c’è il minimo indizio che possa fare attribuire le sventure dei mici a immigrati, né che vi sia un legame con la religione: infatti in nessuno dei due casi il gatto è stato realmente “crocifisso”. Secondo le ricostruzioni dell’agenzia di stampa GeaPress (http://www.geapress.org/m/ragusa-nessun-gatto-crocifisso-in-un-caso-trattavasi-di-trappola-per-conigli/32393 ), in un caso il povero micio è stato trovato legato tra due paletti e colpito con pallini da caccia (un gesto vergognoso e crudele, ma che non è una crocifissione per scherno alla religione) e nel secondo lo sfortunato gatto era finito in una trappola per conigli.
L’1 luglio “Basta casta”, (http://bastacasta.altervista.org/cara-kyenge-lo-sai-che-a-casa-tua-congo-i-clandestini-vengono-espulsi-subito/ ) che si presenta come “rassegna stampa indipendente”, attacca la ministra già dal rozzo titolo “Cara Kyenge, ma lo sai che a casa tua (Congo) i clandestini vengono espulsi subito?” In  - verità, la casa della ministra è l’Italia. Comunque, ammettiamo di considerare il suo paese di origine: perché dovrebbe rendere conto delle scelte di tale paese? L’autore cita con compiacimento la scoperta di un tale che ha chiamato l’ambasciata congolese a Roma per sapere “quale fosse il trattamento per coloro che entrano senza un regolare visto a Brazzaville e dintorni”. Brazzaville? A dir la verità, Brazzaville è la capitale della Repubblica del Congo (conosciuta per questo anche come Congo-Brazzaville), ma la signora Kyenge è originaria dello stato attualmente conosciuto come Repubblica Democratica del Congo, che ha per capitale Kinshasa. Insomma, hanno sbagliato stato. Più che “Basta casta” il titolo del sito dovrebbe essere “Basta carta” (geografica)!
Nel mese di luglio (o, almeno, io l’ho vista il 20 luglio) viene fatta circolare in Facebook un’immagine in cui una foto della signora Kyenge è sovrastata da un titolo di giornale che riferisce l’uccisione di tredici aviatori italiani da parte di un gruppo di soldati congolesi a Kindu nel 1961 ed è accostata al commento “Ministro questa cosa è stata fatta dal suo amato popolo, lei non si permetta più a dare insegnamenti di civiltà agli italiani, lei deve tornare in Congo!!”. L’autore del testo, invece, farebbe bene a farsi dare qualche insegnamento di lingua italiana, ma soprattutto non si dovrebbe permettere di (“di”, non “a”!) “dare insegnamenti di civiltà” quando strumentalizza un evento tragico per un becero attacco alla ministra. Imputare la condotta di alcuni soldati a un intero popolo e imputarla quindi a ogni persona che di quel popolo faceva parte o avrebbe fatto parte in futuro (la signora Kyenge nel 1961 non era neppure nata) è un’assurdità evidente. Ma l’autore della penosa immagine è riuscito a compiere l’impresa di avere torto persino se si utilizza il suo assurdo ragionamento. La signora Kyenge è nativa di Kambove, nel Katanga. I soldati autori dell’eccidio appartenevano alle milizie del governo di Stanleyville che combattevano contro i secessionisti del Katanga. Una ricostruzione dell’evento è che gli uccisori avessero creduto che gli aviatori italiani facessero parte dei temuti mercenari europei schierati con il Katanga (è quella della voce di Wikipedia che cita come fonte “Sergio Carlesi (a cura di), Oltre l’azzurro – L’aviazione a Pisa, Pacini Editore Pisa, 1983, pp. 271-275” http://it.wikipedia.org/wiki/Crisi_del_Congo#La_fine_delle_secessioni; in Achille Rastelli, Battaglie terrestri del XX secolo (grazie a Giovanni Melappioni per l’informazione), si riferisce che erano stati bollati come mercanti d’armi). Come si è detto, l’accusa sarebbe in ogni caso assurda, ma l’autore dell’immagine dimostra anche una scarsa conoscenza della storia di cui strumentalmente parla. Il 14 luglio, durante un comizio, Roberto Calderoli, senatore della Lega Nord e vicepresidente del Senato, paragona l’aspetto della ministra a quello di un orango. La volgarità dell’uscita si commenta da sola. E’ facile anche vedere che, nel tentativo di dileggiare la ministra, Calderoli ha pure detto una sciocchezza dal punto di vista scientifico. Dato che l’orango è un nostro “parente” abbastanza vicino, è naturale che si possa vedere un certo grado di somiglianza tra un orango e un umano, ma questo ovviamente vale per la ministra quanto per il vicepresidente del Senato e per qualunque altra donna o altro uomo. Se, però, il senatore leghista voleva paragonare una persona di colore di origini africane a una scimmia, avrebbe fatto meglio a scegliere gli scimpanzé piuttosto che gli oranghi. Per ragioni cromatiche: gli oranghi hanno il pelo fulvo, mentre gli scimpanzé hanno un colore più simile a quello della pelle delle persone di colore. Per ragioni geografiche: gli oranghi vivono tra Sumatra e il Born

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eo, mentre gli scimpanzé si trovano in Africa. Per ragioni genetiche: gli scimpanzé, rispetto agli oranghi, sono più vicini geneticamente alle persone di colore. Come anche a ogni altro essere umano, ovviamente: non c’è differenza. Come a me, come a voi che leggete, come al senatore Calderoli. Ecco, se il ministro Calderoli voleva trovare un termine di paragone per una persona di colore, poteva paragonarla a lui stesso. Sarebbe stato più corretto scientificamente e, se la sua intenzione era quella di denigrare una persona, sarebbe anche stato più adatto a tale scopo.
La pessima figura di Calderoli a quanto pare non basta: c’è anche chi prosegue su questa linea (http://www.giornaledibrescia.it/in-provincia/sebino-e-franciacorta/insulta-la-kyenge-assessore-nella-bufera-1.1737066). Agostino Predali, assessore ai servizi sociali (!) del comune di Coccaglio, in provincia di Brescia, vuol fare lo spiritoso (!) su Facebook e posta un’immagine che mette a confronto la faccia di una scimmia e il viso della ministra con il titolo “Separate alla nascita”. Con punteggiatura scadente quasi quanto il sarcasmo, Predali commenta: “dite quello che volete ma non assomiglia a un orango, dai guardate bene”.
L’assessore, comunque, oltre all’educazione e al buon gusto, non sa riconoscere neppure un orango. L’animale messo a confronto con la ministra non è infatti certamente un orango. Parrebbe un giovane esemplare di scimmia lanosa (Lagothrix lagotricha). “Separate alla nascita?” No, separate circa 35 milioni di anni fa, quando ebbe origine la divisione tra i due grandi gruppi di scimmie oggi esistenti, le scimmie del Vecchio Mondo (catarrine) e quelle del Nuovo Mondo (platirrine): si tratta, infatti, di una scimmia americana. E, ovviamente, il grado di “parentela” è identico per il ministro e per l’assessore così come per chi scrive e per chi legge.

Francesco Bianchi Orsetto

 

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